martedì 3 maggio 2016

IL CASTELLO RUFFO DI AMENDOLEA CONDOFURI RC UN BENE CULTURALE DA TUTELARE E VALORIZZARE

fig. 1 _ Castello Ruffo di Amendolea 


Risalendo la strada provinciale parallela alla Fiumara dell’Amendolea, il cui nome nella lingua greca di Calabria era Amendulìa Potamò, in epoca greco - romana navigabile, si arriva all'attuale abitato di Amendolea dove si erge su un impervio costone roccioso a 330 m s. l. m., in posizione strategica è la fortezza medievale conosciuta con il nome di Castello Ruffo di Amendolea, in un luogo importante, in quanto la valle della fiumara dell’Amendolea costituiva in epoca storica il confine tra Locri e Reggio Calabria. Il castello si trova esattamente a nord – ovest del costone roccioso mentre, ai piedi della fortificazione, a sud – est, l’altura è occupata dai monumentali ruderi del borgo di epoca angioina abitato fino all'alluvione del 1953.


fig. 2 _ Ruderi del Borgo antico di Amendolea


Il primo riferimento ad Amendolea è offerto da un diploma in greco della fine dell’XI secolo in cui sono stabiliti i confini tra i feudi di Amendolea e Bova e il territorio a destra del torrente Amendolea viene affidato a Guglielmo, figlio di Framundo che era stato compagno d’armi di Ruggero e Roberto d’Altavilla. La prima fase edificatoria del castello di Amendolea è attribuita con pochi margini di dubbio all’età normanna grazie a un documento del 1198 che ricorda la famiglia dell’Amendolea. Il documento è un testamento di Giovanni Colchebret, signore di Aieta, erede di Riccardo Scullandus; in esso è nominato un Goulielmou tes Amigdalias, cui per disposizione testamentaria gli veniva destinato il feudo di Aieta. In un documento del 20 gennaio 1269 Amendolea ricorre tra le terre del giustizierato di Calabria che contribuivano alle collette; e dal 1269 al 1279 in diplomi di Carlo I d’Angiò è spesso menzionato Guglielmo dell’Amendolea.  Nel 1422 il feudo appartiene alla famiglia del Balzo in particolare a Iacobum de Balcio come si legge nel diploma di Alfonso d’Aragona Pro domina Catharinella de Grimaldis Comitissa Sinopulis (4 settembre) col quale il re stabilisce che il signore dell’Amendolea paghi il debito contratto con la predetta contessa; nel 1459 passa a Berengario Maldà di Cardona cui è assegnato da Ferrante d’Aragona per punire Antonello dell’Amendolea che aveva parteggiato per gli angioini. In età aragonese nel registro delle polizze del sale è citata Lamendolia: l’annotazione relativa al 26 agosto 1457 riguarda Francisco de Alysandro, luogotenente di Renzo d’Afflitto tesoriere del ducato di Calabria.  Questi dati storici testimoniano l’avvenuta formazione di una comunità più ampia, che realizzò l’edificazione del borgo di Amendolea, i cui ruderi ancora oggi, nonostante le varie trasformazioni e ricostruzioni avvenute nei secoli, rivelano nell’impianto e in alcune strutture, la regola dell’arte del costruire di età medievale. 
Il cedolario della provincia di Calabria Ultra del 27 agosto 1490, in riferimento ad Amendolea riporta che il tesoriere regio Battista de Vena dovrà esigere per i diritti di fuochi e per i diritti di sale ‹‹ducatos centum quinquaginta sex››.  Nel 1494 il castello dell’Amendolea è menzionato in due atti di Carlo d’Aragona: il 14 novembre Carlo ordina al tesoriere di Calabria Ultra, Battista de Vena, di provvedere di sei compagni il castello; pochi giorni dopo, il 4 dicembre, invita il medesimo tesoriere a eseguire subito i pagamenti e si meraviglia della resistenza del tesoriere a pagarli tutti, mentre da un momento all’altro gravi avvenimenti potrebbero accadere nel Regno. Dal 1495 Amendolea fu degli Abenavolo fino al 1528 quando Carlo V lo assegnò a Bernardino Martyrano. Pochi anni dopo passò ai Gomez de Sylva; e al 1624 risale la vendita fatta da Ruy Gomez duca di Panstrano a Francesco Ruffo duca della Bagnara. I Ruffo furono feudatari del Castello di Amendolea fino al 1794; e  con l’ordinamento amministrativo disposto dal generale Championnet nel 1799 Amendolia rientrò al pari di Bova in uno dei dieci  Cantoni del Dipartimento della Sagra. Con la legge del 1811, in cui furono istituiti i Comuni, venne considerata villaggio di Condofuri insieme a Gallicianò. La pertinenza al comune di Condofuri venne confermata dall’amministrazione borbonica nel 1816. 

fig. 3 _ Borgo Medievale di Amendolea

Dalle quattro campagne di ricerca archeologica volte a coniugare la conoscenza del sito-monumento con il suo recupero e valorizzazione, organizzate dal Dipartimento PAU (Patrimonio architettonico e urbanistico), Corso di Laurea in Storia e Conservazione dei Beni Architettonici e Ambientali (Ex Facoltà di Architettura - Università Mediterranea di Reggio Calabria), e dal Dipartimento di studio delle componenti culturali del territorio della Seconda Università di Napoli e la Soprintendenza Archeologica della Calabria,  fra il 2000 e il 2003, è emerso che il castello venne costruito alla fine dell’XI secolo, quando  i primi feudatari normanni costruirono la magna turris d’impianto quadrangolare, direttamente sul banco roccioso, con una muratura costituita da due paramenti, spessi circa 3 m,  in grossi conci di scisto disposti in modo irregolare e da un riempimento a scaglie di pietre e malta. A causa di un evento sismico, tali muri furono utilizzati intorno alla fine del XII - prima metà del XIII secolo come base per la costruzione di un nuovo e più elegante donjon, realizzato con una tecnica già impiegata in alcuni edifici di culto greco-normanni di Calabria e Sicilia, basata sull'alternanza di conci di scisto di medie e piccole dimensioni e laterizi, disposti in modo irregolare, e cantonali caratterizzati dall'alternanza regolare di blocchi di scisto, mattoni di dimensioni 23 x 40 cm e pietra lavica.  Per il suo impianto quadrangolare questa struttura ricorda il donjon di Sant’Angelo dei Lombardi di XII-XIII secolo.

fig. 4 _ Donjon _ Prospetto esterno del muro

Alla  fine dell’ XI e inizi del XII secolo risalgono le murature di recinzione presenti sul versante nord – est che sarebbero state reimpiegate nella costruzione del grande ambiente di forma rettangolare di seconda fase costruttiva.  Tra fine XI e metà XII vennero inoltre realizzate le strutture della torre-cappella, che fu il primo luogo di culto costruito nel castello normanno. La chiesetta, situata al secondo livello, era in origine formata da un unico ambiente di m 8,00 x 8,70, con abside centrale orientata e panche laterali realizzate in muratura. L’ingresso era localizzato sul lato meridionale, per esigenze funzionali e nel rispetto della tradizione bizantina. All’età normanna risalgono anche le murature della recinzione della stessa epoca del tratto perimetrale a ovest dell’ambiente sulla prima cisterna. Tra la fine del XII e la seconda metà del XIII secolo è edificato il Palacium Castri; vengono così realizzati l’aula finestrata, le finestre del piano inferiore, le finestre del piano superiore sul lato ovest ed est,  la porta di accesso sul lato ovest con stipite sinistro, i fori  per l’alloggio delle travi del solaio, i muri centrali di sostegno relativi alla copertura dell’ambiente e il battuto.


fig. 5 _ Palacium Castri 

La torre-cappella palatina e la torre-mastio, unitamente al muro con finestre arciere e a una piccola cisterna costituiscono l’originario nucleo normanno del castello. Al primo vi è una cisterna, mentre al secondo la cappella palatina, una piccola chiesa a navata unica mono – absidata,  il cui arco absidale è caratterizzato da conci di calcarenite e pietra vulcanica, di cui l’alternanza cromatica conferiva eleganza; e al terzo era un ambiente ad uso abitativo. Le scelte decorative e architettoniche della cappella palatina con gli antichi affreschi dove è stata riconosciuta la figura di un leone, evidenziano i legami esistenti con la Sicilia e in particolare i saldi rapporti tra i signori dell’Amendolea e la corte palermitana di Ruggero II. La costruzione del palacium castri determina una diversa destinazione funzionale dell’area; infatti, all’aspetto difensivo viene associato quello residenziale. Il palazzo, articolato su due piani, come documenta la presenza dei numerosi fori per le travi del solaio, si presentava con il piano inferiore che riceveva luce dalle finestre strombate presenti nel muro occidentale; quello superiore era, invece, caratterizzato da ampie finestre con arco a tutto sesto, che mostrano analogie tipologiche e costruttive con l’originaria porta di accesso alla magna turris e presentava due sedili contrapposti che ne evidenziano la molteplice funzionalità; il muro orientale, al di sopra del solaio di copertura, era coronato da merli; e si configura come una grande sala residenziale o di rappresentanza, direttamente collegata all’attigua cappella costruita a metà del XII secolo, tramite una corta scaletta. Anche questa struttura subisce innumerevoli cambiamenti tra la seconda metà del XIII e gli inizi del XIV secolo; in questo periodo si ha la realizzazione di sopraelevazioni, la sistemazione dell’area d’accesso al castello e  modifiche alla torre – mastio di carattere più residenziale.  La struttura difensiva d’impianto poligonale che delimita il castello sul lato occidentale è stata realizzata tra la fine del XIV secolo e gli inizi del XV, si tratta di un’architettura militare in trasformazione per via dell’impiego delle prime armi da fuoco. Nella campagna di scavo condotta fra il 2001 e il 2002 è stato individuato un ambiente con una struttura per la lavorazione del ferro, abbandonata entro il XV secolo, qui sono stati ritrovati manufatti metallici che potrebbero essere stati prodotti nella forgia dell’ambiente in rapporto alle esigenze della vita quotidiana degli abitanti di questo luogo. Tra il XV e il XVIII secolo, i cambiamenti riguardarono soprattutto la zona d’accesso al castello, furono costruiti tre ambienti riutilizzando in parte muri riferibili sia alla recinzione difensiva di età normanna sia a quella di età sveva, nonché strutture di età angioina; ed è proprio in quest’arco temporale che si registrano nuove modifiche alla torre mastio, con la realizzazione di un nuovo solaio e l’apertura di una porta a un livello inferiore; l’abbandono di molte altre aree del castello, alcune delle quali utilizzati come immondezzai; il restauro della grande cisterna, evidenziato dalla costruzione di un muro di rinforzo e dalla graffitura sul nuovo strato d’intonaco di uno stemma di “ambito” aragonese; la costruzione del grande recinto settentrionale e del sottostante fossato scavato nella roccia.

fig. 6 _ Castello Ruffo di Amendolea lato verso la via pubblica

Il Castello con il borgo dell’Amendolea furono abbandonati in seguito ai  disastrosi terremoti del 1783 e del 1908. I sismi causarono il crollo di molti edifici della fortificazione e una profonda spaccatura degli strati geologici. (*)  


ARTICOLO DI:VINCENZA TRIOLO




Secondo gli studi e i rilievi del Geologo Prof. G. Mandaglio si apprende che il centro è collocato sulla sommità di un rilievo collinare dalle pendici fortemente incise e ripidissime, in posizione strategicamente e morfologicamente rilevante con ampia possibilità di osservazione fino alla costa e al mare aperto. Questa peculiarità deriva dalla natura e consistenza delle rocce che, essendo costituite soprattutto da gneis occhiadini e subordinatamente da scisti biotitici, sono in grado di resistere agli agenti di degradazione dando origine ad ardite forme di paesaggio. Sulla struttura geomorfica del rilievo giocano un ruolo rilevante la Fiumara Amendolea, che incide la pendice settentrionale e ne erode il piede, e il vallone che solca e incide il versante meridionale. Due faglie sub - parallele, a direzione nord - est sud - ovest, ne scalettano il pendio trasversale e, tra la Torre del Castello e la chiesa di S. Sebastiano, la più interna delle due genera una struttura in corrispondenza di notevole interesse geosismico. Un fenomeno di scivolamento planare, originato dallo scalzamento esercitato dal vallone in un'area in cui la fessurazione delle rocce predispone al dissesto, attraversa longitudinalmente il castello. L'instabilità è piuttosto frequente in tutto l'abitato e le pericolosità geomorfologiche sono evidenti sui fronti esterni del rilievo. Le pietre presenti nelle murature appartengono ai litotipi affioranti in situ e cioè gneiss occhiadini, scisti e gneiss biotitici, sul lato sud-orientale del castello sono stati osservati elementi decorativi di natura basaltica che non appartengono alle rocce della Calabria. Le pietre sono appena sbozzate, raramente squadrate, e ciò è dovuto all'elevata resistenza meccanica delle rocce d'origine. Le pietre, fortemente scistose, tendono a sfaldarsi e l'elevata quantità di minerali alterabili facilita il degrado.(1) 


L'analisi geologica di G. Mandaglio e il continuo monitoraggio effettuato in un determinato periodo anche dal Gruppo Archeologico "Valle dell'Amendolea" di Condofuri, evidenziano come i ruderi del borgo antico e il Castello Ruffo, per essere preservati nel tempo per le generazioni future, abbiano bisogno di opere d'interventi di consolidamento, restauro e recupero oltre che essere messi in sicurezza e compiere sugli stessi una continua manutenzione programmata. 

Il Castello Ruffo di Amendolea di Condofuri dal 2015 è entrato a far parte del Catalogo Generale dei Beni Culturali del MiBACT ad opera della Soprintendenza delle Belle Arti e del Paesaggio della Calabria, catalogatore Vincenza Triolo (Conservatore dei Beni Architettonici ed Ambientali). 


FONTI: 
(*) V. TRIOLO, Il Castello Ruffo di Amendolea,  in RIVISTA CESAR online  _ Cultura, Evoluzione, Storia, Archeologia, Arte e Ricerca, N.3 A. 2015 , Edizioni Cesar GIOA TAURO, pp. 1-3. 
Rivista consultabile al seguente link: https://issuu.com/rivistacesar/docs/giugno
(1) G. MANDAGLIO, Caratteristiche geologiche dell'Area, in Quaderni del Dipartimento PAU, Area Grecanica. Codice di Pratica per la conservazione degli insediamenti storici, a cura di V. CERADINI, Anno XII, 23 - 24, Gangemi Editore, Roma 2003, p.60.  


FONTI ICONOGRAFICHE: 
FIGG. 1 - 6© Vincenza Triolo anno di scatto 2015 

BIBLIOGRAFIA CONDIVISA PER APPROFONDIRE 
  • MANDAGLIO G. 1994, Analisi fisico-territoriale del bacino dell’Amendolea finalizzata al recupero geostatico della rupe e del castello, «Quaderni del Dipartimento Patrimonio Architettonico ed Urbanistico», 7, pp. 97-108.
  • MARESCA COMPAGNA  A. 1982, I Registri della Cancelleria Angioina, Napoli, Accademia Pontaniana, vol. XXXII.
  • MARTORANO F. 1991, Il castello di Amendolea. Storia ed architettura dall’XI al XVII secolo, «Quaderni del Dipartimento Patrimonio Architettonico ed Urbanistico», I, 2, pp. 38-45. MARTORANO F. 1996, Note architettoniche sui castelli di Amendolea e Bova, in MARTORANO F., Chiese e castelli medioevali in Calabria, Soveria Mannelli, pp. 127-146.
  • MAZZOLENI B. 1967, Fonti Aragonesi, Napoli, Accademia Pontaniana, V. MAZZOLENI J. 1944-46, Gli apprestamenti difensivi dei Castelli di Calabria Ultra alla fine del Regno Aragonese (1494-1495), (Estratto dall’Archivio Stor. Nap. N. S. vol. XXX), Napoli.
  • MILELLA O. 1994, Il borgo fortificato di Amendolea, «Quaderni del Dipartimento Patrimonio Architettonico ed Urbanistico», 7, pp. 91-96.
  • PELLICANO CASTAGNA M. 1984, La storia dei feudi e dei titoli nobiliari della Calabria, I, Chiaravalle.  
  • ROTILI M., CALABRIA C., CUTERI F.A. 2001, Ricerche archeologiche nel castello di Amendolea a Condofuri (Reggio Calabria). Testimonianze della civiltà materiale, «Rendiconti dell’Accademia di Archeologia, Lettere e Belle Arti in Napoli», LXX, pp. 11-95.
  • TOMASZEWSKI A. 1994, L’analisi delle murature del castello, «Quaderni del Dipartimento Patrimonio Architettonico ed Urbanistico», 7, pp. 83-90.
  • VALENTE G. 1973, Dizionario dei luoghi della Calabria, II, Chiaravalle Centrale.
  • VALTIERI S. 1994, Uno stage al castello dell’Amendolea. Un’esperienza didattica del Corso di Laurea in “Storia e conservazione”, «Quaderni del Dipartimento Patrimonio Architettonico ed Urbanistico», 7, pp. 81-82.